Santa Fina, la patrona amatissima di San Gimignano


Nel 1238 a San Gimignano, in una piccola casa del centro storico, da Cambio Ciardi e Imperiera, una famiglia di nobili decaduti, nacque Fina.

La sua fu una vita molto semplice e segnata dalla sofferenza, sempre accettata con grande fede e devozione. Fin da piccola infatti fu colta da una malattia che la costrinse a trascorrere il resto della sua breve vita sdraiata su una tavola di legno di quercia. Durante la sua malattia, la sua grande devozione fu un esempio per tutti i sangimignanesi che già la rispettavano. Nella leggenda popolare si racconta che lei scelse di vivere sulla tavola di legno volontariamente, dopo aver incontrato un ragazzo e aver ispirato in lui sentimenti d’amore.


A pochi giorni dalla morte ebbe la visione di San Gregorio Magno che le annunciava il suo destino, e così il 12 marzo del 1253 Fina, a soli quindici anni, morì. Sulla tavola nella quale giaceva fiorirono delle violette a ciocche gialle che apparvero anche sulle mura e le torri di San Gimignano. Si racconta che le campane suonarono a festa da sole e le persone, portando la salma alla propositura esclamavano «È morta la Santa!». Fina fu chiamata Santa a furor di popolo fin dalla morte, anche grazie ai miracoli che le si attribuivano.


Con le offerte lasciate sul sepolcro della Santa, nel 1255 fu costruito l’ospedale che porta ancora oggi il suo nome. Fin dai primi anni del XIV secolo nella pieve le fu dedicato un altare che il Comune, nel 1325, ordinò fosse maggiormente curato. Nel 1457 fu ancora il Comune che commissionò l’attuale cappella di Santa Fina, capolavoro di arte rinascimentale, consacrata nel 1488 con le architetture di Giuliano e Benedetto da Maiano e gli affreschi del Ghirlandaio. Attualmente nella cappella è conservata la tavola di quercia dove Santa Fina giacque e morì.





Le feste dedicate a Santa Fina sono due durante l’anno: una per il giorno della sua morte, avvenuta il 12 marzo, e l’altra la prima domenica di agosto richiesta a furor di popolo per ricordare quando, per intercessione della Santa, nel 1481 cessò un’epidemia di peste.



Spesso parlando di Fina si sottolinea come sia da considerarsi soltanto Beata e non Santa, ma fu grazie all’interessamento di M. Lodovico Ridolfi, abbreviatore apostolico in Roma di origini sangimignanesi, che il 5 ottobre del 1481, ottenne da Sisto IV la sanzione del pubblico culto verso la Santa confermato poi da Paolo III nel 1538. Nella storia del diritto canonico la distinzione fra Santi e Beati arriva nel 1634 con il documento Caelestis Hierusalem Cives, e da allora si distinguono nettamente i percorsi di riconoscimento dei due titoli, ma in quel momento il culto di Fina era già stato confermato dalla Santa Chiesa.


Da allora il culto di Santa Fina è cresciuto, sia a San Gimignano, dove è amatissima, ma anche fuori dalla città e addirittura oltre i confini nazionali, ma di questo vi parleremo in futuro.



Nella città di San Gimignano ogni anno a marzo fioriscono le violette di Santa Fina sulle mura e le torri. Portano il suo nome l’associazione di rievocazione storica dei Cavalieri di Santa Fina ma anche dei buoni dolci e gelati a base di zafferano di San Gimignano Dop.


Su concessione della Delegazione per i festeggiamenti di Santa Fina vi presentiamo un articolo La Santa della Primavera pubblicato nel 1928 sulla Rivista Donna Italiana. 













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